Entrare nel fantastico mondo del vino e della vinificazione significa scoprirne anche i segreti. Ma dietro ogni segreto, come vedremo, c’è del metodo, della precisione, dei numeri e delle regole, talvolta rigorosissimi. Regole che, produttori di vini Doc e Docg come noi di Gotto d’oro, conosciamo e rispettiamo alla perfezione per garantire al meglio l’eccellenza del prodotto e non venire mai meno al patto di fiducia con gli affezionati e appassionati clienti.

Scopriamo allora insieme cinque cose che molti si chiedono ma davvero pochi, spesso solo gli addetti ai lavori, sanno sul vino, viti, vigne e dintorni.

 

1. Quanta uva serve per fare una bottiglia di vino?

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Si tratta di una curiosità ricorrente alla quale, tuttavia, è impossibile e sarebbe anche improprio fornire una risposta univoca. Il dato, infatti, può variare sensibilmente a seconda del vitigno come pure dalla zona di produzione, dalla tipologia di terreno e non da ultimo dall’età delle viti stesse. Se vogliamo inseguire, in tal senso, una certezza, possiamo però dire che rispetto alle uve particolarmente prolifiche, per ottenere un prodotto che mantenga standard di qualità da buoni a medio-alti si dovrà in qualche modo limitare la resa del prodotto.

L’obiettivo del vinificatore, infatti, è sempre quello di rendere condensati e riconoscibili gusto, aroma e profumo del proprio prodotto.

In questo senso è bene sapere che, mediamente, viti a bacca nera rendono al 70%, ciò significa che da un quintale d’uva si ricavano mediamente al massimo 70 litri di vino.

Un dato che, per quel che riguarda i vini Doc e Docg (pensiamo ai nostri proverbiali bianchi dei Castelli: il Marino e il Frascati Doc) o all’unica Docg di vino rosso del Lazio, il Cesanese del Piglio, i margini sulla resa sono ancor più stretti perché stabiliti da stringenti norme disciplinari tese a mantenere in standard elevati la qualità del prodotto. Ciò naturalmente vale per tutte le case produttrici.

Quindi, provando da ultimo a soddisfare la curiosità del lettore, per produrre, ad esempio una delle raffinatissime bottiglie della nostra Linea Settantacinque75 da tre quarti, ovvero 0,75 litri di vino, occorre in media un chilo d’uva.

 

2. Qual è il posto dove si registra maggior consumo di vino per abitanti?

Ecco un’altra curiosità abbastanza frequente e legittima. L’Italia, infatti, è una nazione nella quale, legittimamente, oltre alla parola consumo si può, anzi, si deve affiancare il termine cultura. In Italia c’è da sempre una cultura del vino e ogni regione gode e si riconosce nella sua specificità. Indubbiamente ci sono zone dove storicamente il consumo di vini, alcolici e distillati è da sempre molto alto. Altre nelle quali, invece, va crescendosi, uniformando il consumo anche in una fascia d’età più giovanile.

E le regioni nelle quali si è registrato un maggiore incremento risultano essere proprio quelle del centro Italia dove dalla media degli anni precedenti il consumo ha raggiunto livelli prossimi a quelli del nord Italia.

Il maggior rialzo percentuale, in termini di penetrazione del consumo di vino, si è registrato soprattutto in regioni come l’Umbria (61.5%) e le Marche (60%).

 

3. Qual è il Paese al mondo in cui si produce più vino?

Beh, qualcuno magari se lo aspettava, altri forse l’avranno già saputo, ma resta comunque un piacere e una gioia annotare che la nazione nella quale si produce più vino al mondo è proprio la nostra: l’Italia!

Che detiene il primato con quasi un quinto del vino prodotto a livello globale, per l’esattezza il 18,5%.

 

4. Quanto va veloce un tappo di spumante quando si apre una bottiglia?

Notizie e curiosità per le quali vale la pena brindare, non prima però di essersi informati su qualcosa che sembra secondario ma non lo è affatto: la velocità che raggiunge il tiro di schioppo di un tappo di spumante.

Bene, in questa particolare classifica a vincere tra lo spumante nostrano e le bollicine dello Champagne francese, vincono i cugini d’oltralpe. Se il tappo di una bottiglia di spumante italiano ha raggiunto la velocità di 75 chilometri orari, il record lo hanno segnato le bollicine francesi che hanno esploso il loro tappo a ben 106 chilometri orari. Praticamente un proiettile. Il che ci fa consigliare la massima prudenza nell’apertura di queste bottiglie, mantenendole a una distanza di sicurezza dal viso.

 

5. E del mosto cosa ne facciamo?

Nel periodo della vendemmia tra settembre e novembre, quando l’uva e il mosto abbondano, è tradizione ai Castelli Romani, in particolare a Marino, (si dice dai tempi di Jacopa de Settesoli nobildonna marinese confidente e coeva di San  Francesco), riutilizzare il mosto delle uve rendendo, quello che sarebbe solo uno scarto nella lavorazione del vino, il prelibato ingrediente di un dolce tipico del territorio, gustoso, ricercatissimo e giustamente celebrato a fianco all’uva e al vino dei Castelli.

Stiamo parlando della famosa ciambella al mosto. Un dolce così importante, per la nostra città, da avere una sagra dedicata, la “Sagra della Ciambella al Mosto di Marino” che si svolge ogni anno la terza domenica del mese di ottobre. 

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