Vino dei Castelli Romani: dalla potenza del vulcano

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L’eredità del Vulcano Laziale, la ricchezza dei minerali presenti nel terreno, il giusto drenaggio del suolo fanno del territorio dei Castelli Romani la culla perfetta dove poter coltivare vite di qualità. Sviluppato dal crollo del vulcano laziale, avvenuto secoli fa, il terreno delle colline castellane, che si estende a sud est di Roma, si è da sempre affermato per le caratteristiche ideali per la viticoltura, con sali minerali che garantiscono acidità al terreno, una buona porosità in grado di garantire alla vite la giusta umidità, la quasi totale assenza di calcio e calcare. In sostanza un terreno fertile, giovane, integro, che consente alla vite di crescere vigorosa e nutrita, dando origine a uve intense e fruttuose.

I vigneti, ospitati nel territorio protetto del Parco Regionale dei Castelli Romani e attraversati dalla celebre Strada dei Vini, si estendono su un suolo ricco di potassio, fosforo, zolfo, magnesio, tufi e sabbie, composti essenziali che arricchiscono e intensificano anche la bontà delle uve stesse. Della ricchezza di queste zone era ben consapevole la popolazione, fin dai tempi degli antichi Romani, che da subito hanno voluto dare un’impronta vinicola a questo territorio potente e ricco, caratterizzato da colline, pietre e laghi di origine vulcanica.

Vino buono, merito anche del clima

Oltre alla natura florida del terreno, anche il clima mediterraneo contribuisce alla qualità delle uve, che permettono altresì una varietà interessante di vini. Le estati molto calde, gli inverni miti nelle zone più esterne, l’estate più fresca e l’inverno più rigido nell’entroterra, la buona escursione termica, la grande quantità di acqua piovana che lascia il terreno ben umido, fanno dei Castelli Romani uno dei più importanti distretti del Lazio dove produrre uve e vino di qualità.

Proprio dai Castelli Romani arrivano infatti alcune etichette Doc, Denominazione di origine controllata, di cui il Lazio si fregia; il Lazio peraltro è la terza regione d’Italia per numero di denominazioni con: 3 DOCG, 27 DOC, e 6 IGT.

La storia della vite nel Lazio

La coltivazione della vite nel territorio castellano ha origini antichissime, ma nel tempo i produttori hanno dovuto anche adattarsi ai cambiamenti del mercato e del clima. Per questo è stato necessario rivedere alcuni disciplinari di produzione, dando anche maggiore risalto alla vocazione del singolo territorio: si è potuto così assistere alla nascita di nuove denominazioni, molto interessanti dal punto di vista enologico.

I vini autoctoni dei Castelli Romani

Modellando e affinando sempre più la coltivazione su misura per il tipo di terreno, col tempo nel Lazio si sono imposte numerose varietà di vini di altissimo pregio. Tra i vitigni a bacca bianca troviamo Malvasia di Candia, tipica del territorio di Marino, Malvasia del Lazio o puntinata, Bellone, Bombino Bianco, Viognier, Grechetto, Cacchione, Vermentino e Trebbiano (verde e giallo), Passerina. Questi vini sono spesso freschi, persistenti, dal gusto ricco. Tra i vitigni a bacca rossa invece vanno segnalati Sangiovese, Montepulciano, Cesanese comune, Merlot, Nero Buono di Cori, Petit Verdot, Syrah: si tratta di vini dalla discreta acidità, dall’intensa colorazione, fruttati e strutturati.

I profumi dei Castelli nel vino

Preponderanti perciò le caratteristiche dei singoli vini prodotti sul territorio: per i vini bianchi a primeggiare saranno i sentori di fiori e frutti freschi, con una mineralità olfattiva spiccata, il sapore sapido, leggermente acido o amaro. I vini rossi dei Castelli Romani invece sono intensi, profondi, con profumo di frutta rossa fresca e matura, i tannini ci sono, ma sono morbidi, mai pungenti.

Vini da celebrare

Con una cultura vinicola millenaria e riconosciuta in tutto il mondo, i Castelli Romani non possono che celebrare con rispetto questo prodotto tipico. Per questo sul territorio vengono spesso ospitate sagre, degustazioni e iniziative enologiche: la più famosa di tutte certamente è la Sagra dell’Uva di Marino che si tiene a ottobre. In pochi giorni il piccolo borgo si trasforma in un baccanale, con le fontane pubbliche che danno vino anziché acqua: una tradizione che va avanti ormai dal 1924 e che attira numerosi visitatori da tutto il territorio e non solo, che assistono a benedizioni religiose, rievocazioni storiche e brindisi collettivi e goliardici.

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