Circa 830mila bottiglie vendute in un anno. Per essere un “enigma”, il rosato è sufficientemente risolto. Destinato a continuare il suo percorso di meticcio di successo oppure, per meglio dire, di carattere puro quanto fiero delle sue origini miste.

Ma vale la pena approfondire sul come si fa e quali sono questi vini tanto discussi quanto graditi dal pubblico, come nascono e dove meglio collocarli a tavola.

Nessun mischione di vini

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Assodato, dunque, che a differenza di quanto avveniva in passato, il vino rosato non nasce più (perché vietato dalla legge pressoché in tutta Europa) dal mixage tra vini bianchi e vini rossi, è curioso oltre che particolarmente utile andare a capire quali sono le uve grazie alle quali si ottiene un vino capace di stupire anche per le differenti gradazioni di colore rosa che può acquisire.

Secondo le normative attualmente vigenti, il vino rosato si può produrre utilizzando uve a bacca rossa, a bacca grigia, uvaggio e assemblaggio di mosti.

Ciò significa in buona sostanza che il vino rosé si può ottenere o utilizzando sole uve rosse oppure miscelando la vinificazione, cioè lavorando insieme uve (non vini) bianche e rosse, utilizzando contestualmente pratiche di lavorazione che, altrimenti, sarebbero usate separatamente e in maniera distinta. È questa la procedura che viene definita uvaggio.

L’ulteriore pratica che è possibile utilizzare è l’assemblaggio dei mosti provenienti da uve bianche e rosse insieme.

Un’occhiata in cantina

Facciamo alcuni esempi andando ad esplorare proprio nel bouquet dei vini rosati griffati Gotto d’oro.

Per farvi capire meglio: tutti i rosati della cantina di via del Divino Amore, ad eccezione del Luccicore (poi vedremo il perché) nascono dalla miscela di lavorazione in fase di vinificazione. Ovvero vinificando in bianco uve rosse che nei casi specifici del Rosato Igt del Lazio Linea Classica, così come del Castelli Romani Doc Rosato nelle due differenti versioni (Linea Settantacinque75 e Linea Classica) prevedono principalmente l’utilizzo di uva Sangiovese assieme ad altre uve previste dal disciplinare.

Ciò significa che la temperatura di lavorazione resterà bassa, mai superiore ai 20 °C.

La vinificazione di uve rosse…in bianco

La vinificazione in bianco, però, non prevede la macerazione delle bucce che vengono separate già attraverso il processo di pigia-diraspatura, mentre per ottenere il rosato, sebbene la lavorazione delle uve rosse mutui quella che si utilizza per ottenere di fatto un vino bianco, differisce proprio dal fatto che le bucce, chiamate anche vinacce, vengono invece lasciate a macerare per un tempo breve che va dalle 2 alle 36 ore. Questa particolarità in sede di vinificazione è quella che restituisce al vino rosato la particolare e sempre più ricercata colorazione.

Tutto, ovviamente, dipende dalle tipologie di uve che si andranno a selezionare in base al risultato finale che si intenderà ottenere. Così sarà abbastanza frequente trovarsi di fronte a vini rosati definiti vin gris e diffusi in particolar modo Oltralpe. Questi vini avranno la caratteristica colorazione rosa pallido. Un colore che deriva dall’utilizzo di uve a scarsa capacità cromatica ma soprattutto, nella lavorazione, dalla macerazione ridotta praticamente a zero con il colore chiaro finale che deriverà dalla sola pigiatura.

Altra categoria di rosati, particolarmente apprezzati per la dolcezza e la naturale frizzantezza, sono i cosiddetti blush wines, prodotti principalmente oltreoceano, negli Stati Uniti, e risultato di una vinificazione totalmente in bianco nonostante l’utilizzo di uve a bacca rossa.

La splendida eccezione del Syrah Rosato

Differisce da tutto questo discorso il rosato che si ottiene dal Syrah che, nel caso specifico del Gotto d’oro, risplende nelle bottiglie di Luccicore della linea Vinea Domini e si ottiene da uve di Syrah in purezza, vinificate in rosato, ovvero attraverso la pressatura di uve intere.

I grappoli di Syrah rimangono per tutto il periodo della maturazione protetti dal sole grazie alle foglie circostanti, così da rallentarne la maturazione fenolica. Una volta vendemmiate, le uve vengono immediatamente pressate, avendo cura di selezionare esclusivamente la prima spremitura. Il tempo di contatto con le bucce è limitato ad un paio d’ore per ottenere la giusta tonalità unica desiderata del rosato. La fermentazione malolattica viene impedita con l’ausilio del freddo, così da mantenere inalterati i profumi provenienti dalle uve e dalla fermentazione alcolica. L’imbottigliamento viene effettuato nei primi mesi dell’anno successivo alla raccolta. L’affinamento dura due mesi in contenitori di acciaio su fecce fini.

Gli abbinamenti

Il rosato in genere, va detto, è considerato il miglior complice degli aperitivi più gustosi e chic.

E se i rosati del Lazio e dei Castelli Romani li possiamo accompagnare ad antipasti a base di prosciutti, primi piatti delicati ma anche più corposi, come gli spaghetti all’amatriciana, sia di pesce come la rana pescatrice al pomodoro e capperi che di carni bianche.

Il Luccicore di Vinea Domini, in particolare, col suo colore rosa tenue, il sapore asciutto, moderatamente acido e estremamente elegante lo possiamo trovare in ottima compagnia anche con formaggi da sapori particolari, erborinati o piccanti. A conferma che un buon rosato sa essere amico di tutti, senza rinunciare mai a un’eleganza e a una particolarità tutt’altro che di secondo piano.