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La lunga strada del vino: dagli antichi romani all’eccellenza del Made in Italy di oggi
Le origini del vino hanno radici antichissime: Preistoria, Egizi, Sumeri, Etruschi, Ebrei, Greci e Romani, la nascita della tradizione vinicola vanta un percorso millenario e preziosissimo. Anche nella Bibbia si parla di vino con Noè che, appena uscito dall’arca, pianta una vigna e ne ottiene del vino.
Con gli Egizi si sviluppano le tecniche di coltivazione e produzione, dalla piantumazione della vite al processo produttivo che porta al vino. Del vino, infatti, viene trovato anche nel corredo funebre di Tutankhamon, in anfore con specificata annata, produttore e provenienza.
I Fenici portano la vite e il vino in Grecia, in seguito gli stessi greci fanno della viticoltura una tradizione, esportandola anche in Italia. Tra i Greci il vino viene associato a momenti di convivialità e al culto del dio Dionisio; prezioso e apprezzatissimo, il vino diventa anche oggetto di baratto nel commercio del Mediterraneo. La coltivazione della vite e le conoscenze tecniche si diffondono presto tra gli Etruschi e si affermano con gli antichi Romani e il culto del dio Bacco.
Vino dei Romani: un vino per tutti
Dalle informazioni giunte fino a noi il processo di produzione del vino, secondo i Romani, prevedeva la pigiatura dell’uva fino a quando il mosto si separava dalle vinacce. Queste ultime venivano poi torchiate e il mosto passava in una vasca sottostante. In questo secondo recipiente si procedeva alla fermentazione tumultuosa (con il tipico borbottio dovuto all’anidride carbonica).
Dopo una settimana, il mosto veniva spostato in grandi recipienti dove si completava la fermentazione. A questo punto si ottenevano due tipi di vino: il vinum doliare, quello che veniva consumato subito, e il vinum amphorarium, quello di qualità maggiore, che veniva travasato in grandi anfore per la conservazione.
Con i Romani il vino diventa bevanda per tutti, non soltanto riservata all’élite, ma anche alla plebe. Il vino, il merum, dolce, fortemente alcolico e sciropposo, viene sempre diluito con acqua, miele o spezie, per renderlo più leggero ed evitare così l’ebbrezza. La passione per il vino porta poi i Romani a perfezionare le tecniche di conservazione: se i Greci conservano il vino nelle anfore di terracotta, i Romani scelgono botti di legno e recipienti in vetro, comprendendo subito l’importanza dell’invecchiamento che rende il vino pregiato.
Inoltre già nell’antica Roma era possibile scegliere tra vino rosso “Atrum”, bianco “Candidus” o rosato “Rosatum”.
Vino nel Medioevo: la produzione nei conventi
Nel Medioevo la coltivazione della vite e la produzione del vino si tramanda soprattutto nei monasteri, grazie al lavoro di frati e monaci che preparano il vino per i riti religiosi e per la celebrazione dell’Eucarestia, ma sono poche le innovazioni tecnologiche.
Solo dopo il 1200 arriva qualche progresso: si iniziano a selezionare i vitigni in base alle proprietà dei vari territori, si introduce la vinificazione separata delle uve bianche da quelle rosse, si considera la diversificazione della macerazione dei mosti sulle vinacce.
Con il Rinascimento il vino ritorna ad avere un ruolo centrale: si perfeziona la ricerca sulla produzione, la qualità e le tecniche di conservazione, con bottiglie in vetro più resistenti e i tappi di sughero a sigillarle, più comode anche per essere trasportate per il commercio.
Il 1800 segna la nascita dell’agricoltura industrializzata e porta altri progressi in campo enologico: si parla di ampelografia, la disciplina scientifica che studia le varietà di vitigni, il processo di vinificazione diventa sempre più scientifico e razionale. Aumentando però gli scambi oltreoceano con l’America, arrivano anche le prime difficoltà: i vigneti europei vengono distrutti dall’arrivo di parassiti dal Nuovo Mondo, come la fillossera. Per rimediare alla decimazione della vite europea sarà così necessario innestare la varietà europea sulla radice americana, immune a questo afide.
La rinascita del vino dopo la guerra
Anche la produzione del vino subisce ovviamente delle ripercussioni in seguito ai due conflitti mondiali, ma successivamente, grazie alla perseveranza dei viticoltori, la produzione vinicola ritrova il giusto slancio.
Merito anche della nascita delle cantine cooperative, di cui la Gotto d’oro può essere un riferimento. Dagli anni ’40 le cooperative lavorano insieme, proiettate al futuro, guardando alle innovazioni per adeguare la vinificazione ai nuovi parametri.
Dopo il 1986 e lo scandalo che segna l’Italia per via dell’uso del metanolo nella produzione di vino, si introducono norme stringenti e decisive che portano il vino italiano verso l’eccellenza, vengono stampate le prime Guide Vini, si avviano i primi corsi per sommelier, l’esportazione registra un incremento considerevole, imponendo infine l’eccellenza del patrimonio enologico italiano in tutto il mondo.