L’Italia è il primo Paese nel mondo nella speciale classifica sui produttori di vino. Il nostro caro Belpaese risulta, in verità da tempo, sul podio assieme a Francia e Spagna.
La vecchia Europa, insomma, tiene saldamente in mano lo scettro dorato, rosso e rosato in dote a viticoltori e vinificatori a conferma di una tradizione fondata su identità, climi e terreni particolarmente favorevoli alla coltivazione delle uve.
A fornire dati decisamente positivi anche per il 2022 è l’Oiv, Organizzazione internazionale della vigna e del vino, che nell’ultimo rapporto pubblicato nell’autunno dello scorso anno (quello definitivo arriverà il prossimo mese di aprile) stima la produzione mondiale di vino tra i 257,5 e i 262,3 milioni di ettolitri, con un calo dell’1 per cento rispetto al 2021 in linea con i dati del decennio ma in forte controtendenza con il 2020 che, anche per la viticoltura, è stato un annus horribilis.
Italia in positiva controtendenza anche sugli ultimi dieci anni
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Sempre rimanendo sul rapporto Oiv, l’Italia può vantare la produzione di oltre 50 milioni di ettolitri di produzione, 4% sopra la media dei dieci anni precedenti, quindi in positiva controtendenza con il dato generale che, evidentemente, rispetto all’Italia deve aver risentito meno di altri del fattore che maggiormente preoccupa il settore agricolo: l’eccesso di siccità.
Al secondo posto sul podio mondiale (e tutto europeo) dei produttori di vino c’è la Francia con 44,2 milioni di ettolitri. Nel complesso questi due Paesi «rappresentano il 36 per cento della produzione vinicola mondiale e il 60 per cento a livello Ue», si legge ancora nel rapporto Oiv.
La Spagna si classifica terza con 33 milioni di ettolitri di vino prodotti, seguita dagli Stati Uniti (23,1 milioni) e dal Cile (12,4 milioni).
C’è da aggiungere anche che l’Italia è ormai saldamente in testa alla classifica da ben sei vendemmie consecutive, ovvero da quella del 2017.
Sull’export in testa la Spagna
Nonostante ne sia il primo produttore al mondo, l’Italia non è il principale esportatore di vino: nel 2021 in cima alla classifica c’era la Spagna con 23 milioni di ettolitri esportati, seguita a breve distanza dall’Italia (22 milioni) e dalla Francia (15 milioni). Dal 2012 in poi Italia e Spagna si sono alternate varie volte al primo posto nella classifica dei Paesi con l’export più alto di vino.
Sappiamo bene, però, che in un settore tanto particolareggiato, in special modo proprio per il nostro Paese, fare un discorso unitario può risultare rappresentativo in termini statistico-quantitativi ma assolutamente deficitario in termini qualitativi, tanto è varia e differenziata la produzione vitivinicola italiana.
Il Lazio una miniera d’oro (bianco e rosso) da 1,5 milioni di ettolitri
Il Lazio, in questo senso, rappresenta una fattispecie particolarmente fortunata per una serie di varianti: logistiche, climatiche, storico-politiche e sociali.
Se, infatti, la notte dei tempi segna l’origine della produzione vitivinicola laziale addirittura in epoca preromana, nel viterbese, merito quindi della nobile e antica popolazione etrusca, deve lo sviluppo e il forte consumo di vino a seguire, alla presenza ovviamente della Città Eterna che, tanto in epoca romana ma forse ancor di più in epoca cristiana ha visto radicarsi e proliferare la produzione enologica che è diventato uno dei pezzi forti della regione laziale, tanto dal punto di vista identitario quanto da quello economico e, come si diceva poc’anzi, sociale.
La produzione vitivinicola, infatti, è stata per molti secoli la principale occupazione e impresa familiare nel Lazio.
Da Frascati al Piglio: le uve più pregiate
Tutto ciò è dovuto anche a particolari connaturati alla regione, in larga parte collinare (54% del territorio) e pianeggiante (20%), caratteristiche favorevoli che rendono il Lazio un territorio coltivato a vite su 23mila 535 ettari con una produzione media, nell’ultimo decennio, sempre superiore al milione e mezzo (1,5) di ettolitri, dei quali un terzo 31% è rappresentato da vini dop tra i quali troviamo i 2 Docg bianchi il Cannellino di Frascati DOCG e il Frascati Superiore DOCG, prodotti nei comuni di Frascati, Grottaferrata, Monte Porzio Catone e, in parte, nei territorio di Roma e Montecompatri e l’unico Docg rosso del Lazio che è il Cesanese del Piglio che nasce tra vigne e cantine di Piglio, Serrone e, in parte, il territorio dei comuni di Acuto, Anagni e Paliano.
Oltre questi vi sono i 27 vini Doc tra i quali ci piace ricordare altre eccellenze come il Marino, il Castelli Romani e il Roma Doc. Tutti vini disponibili nelle preziose etichette che fanno riferimento a Gotto d’oro.
Vi è quindi un 19,8% della produzione che viene dai sei vini IGT tra i quali certamente primeggia l’IGT Lazio, denominato non a caso con il nome della regione proprio perché prodotti, sia da bacca bianca, sia da bacca rossa (con una concentrazione nel territorio vicino ad Affile e alla parte più a sud della provincia di Roma), tanto forte e significativa da poter offrire un’idea di sintesi su consumo e produzione di vino nel Lazio, composta per tre quarti (76%) da vini bianchi e per il restante quarto, ma di qualità invidiabile e rara, da vini rossi.