Grappoli di vite raccolte attorno ai tralci tra agosto e ottobre
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Ottobre, tempo di vendemmia. Per essere più precisi di fine vendemmia. Tempo di sagre dove le uve sono già raccolte e in larga parte all’inizio di quella che i tecnici chiamano vinificazione. Non è un caso che il poeta Giosuè Carducci cantasse solenne nella sua novembrina San Martino come “per le vie del borgo, tra il ribollir dei tini, va l’aspro odor dei vini l’anime a rallegrar”, descrivendo mirabilmente le ambientazioni e le atmosfere, anche olfattive, che dominano i borghi dell’Italia centrosettentrionale nella prima decade del mese di Ognissanti, e più precisamente in quella miracolosa Estate che cade il giorno 11.
Ed è infatti proprio a fine estate, quella vera, che la vendemmia apre ufficialmente le sue danze. Agosto, settembre, ottobre e addirittura novembre per i vini passiti, figli di terre isolane meravigliose come la garibaldina Marsala in Sicilia e ancor di più la piccola Pantelleria sono i mesi di raccolta delle uve.
Decisiva la qualità del terreno
Una parentesi temporale, all’interno dell’anno, lunga e complessa, determinata per lo più dalle tipologie di terreno sui quali vengono impiantati i tralci e fatti maturare i grappoli.
Una regola riconosciuta come universale è quella che richiede al buon vendemmiatore di non raccogliere mai uve bagnate, in quanto l’acqua piovana mischiandosi al mosto potrebbe rovinare il lavoro di una intera annata.
La vendemmia sul vulcano laziale
Nel Lazio e in particolare nei Castelli Romani, terra d’origine della quasi totalità delle splendide uve doc dai quali prendono vita i vini Gotto d’oro, la fine di settembre e le prime settimane di ottobre sono i periodi tipici oltre che quelli più appropriati per procedere con la vendemmia. Ciò è dovuto alla maturazione per lo più tardiva della gran parte dei vitigni autoctoni in quello che viene chiamato il vulcano laziale oltre che, particolare che vale per tutti i tipi di uve, anche per le caratteristiche del terreno.
Paradossalmente questa fortunata unione di coincidenze tra caratteristiche delle uve e del terreno ha fatto sì che anche in una stagione estiva a tratti drammatica per le coltivazioni come quella di questo non lietissimo 2022, annata funestata e letteralmente inaridita, tra le altre cose, anche da una tremenda siccità, ha visto i Castelli Romani proteggersi naturalmente in virtù di alcuni semplici ma manifeste evidenze.
In primo luogo, la già citata presenza di varietà autoctone tardive fa sì che nel periodo di maggior calura e queste varietà di uve si trovino in una fase fenologica in cui la maturazione è ancora lontana soffrono meno. In secondo luogo, l’areale dei Castelli Romani è caratterizzato da suoli vulcanici, vigorosi con una buona disponibilità idrica che in buona parte mitiga il grande caldo. La situazione fitosanitaria appare buona e risulta favorevole anche l’escursione termica tra il giorno e la notte a partire dalla terza decade di settembre. In modo che i primi vini prodotti sembrano possedere un ottimo equilibrio gustativo e una discreta gradazione alcolica.
Vendemmia: un affare di famiglia
È noto, peraltro, come la vendemmia oltre che la necessaria e impegnativa fase conclusiva della coltivazione delle uve, è stata nei secoli in Italia momento legato a tradizioni, forza, tanto da diventare vero e proprio momento di unione per le famiglie. Da celebrare, non a caso, poi in allegre feste di paese, tra le quali la più famosa e antica in Italia è la quasi centenaria Sagra dell’Uva di Marino, terra natia della cantina Gotto d’oro, oggi ospitata presso gli stabilimenti di via del Divino Amore, ancora nel territorio marinese.
Coltivazione dell’Uva: una storia lunga un anno
Un processo, quello della coltivazione delle uve, che peraltro, come certo non è difficile immaginare, vive di rituali fissi, per certi versi anche poetici o, per essere più precisi, necessariamente manieristici, dispersi lungo l’intero arco dell’anno, ognuno dei quali caratterizzato da un fenomeno particolare legato a una azione da intraprendere in vigna: dalla dormienza con la caduta delle foglie che prevede, nei primi due mesi dell’anno, la manutenzione del vigneto, con la sostituzione dei pali attorno ai quali si avvinghieranno i tralci, la concimazione, controllo delle infestanti e la potatura. Per arrivare a marzo, in quella definita la fase del pianto, che prevede la legatura dei tralci, dai quali, dai tagli della potatura fuoriesce un liquido simile alla resina. Ad aprile vi è quindi il germogliamento, tra maggio e giugno la fioritura e in estate l’attesa e decisiva maturazione, completata la quale si dà il via alla sospirata vendemmia.
Caporicci: “Il 2022 anno difficile rivelatosi eccellente per i nostri vini”
Il presidente di Gotto d’oro, ingegner Luigi Caporicci, parla della vendemmia di questo 2022.
“Un anno da dimenticare per tutte le difficoltà sopraggiunte. Pandemia, rincari, siccità, scenari catastrofici. Poi è arrivato il tempo della vendemmia. Nonostante tutte le preoccupazioni, alla fine, diventerà un anno da ricordare. La siccità ha inciso sulla resa delle uve a pigiatura avvenuta, quindi sulla quantità finale, ma non sulla qualità. L’uva è maturata sana, senza necessità di trattamenti, pulita dalle intense piogge di fine mese di agosto e primi di settembre, di grado elevato, di aspetto gradevole: un anno che alla fine si sta rivelando eccellente e lo vedremo nel prodotto finale. Abbiamo prodotto degli ottimi vini quest’anno. Saranno eccezionali. E saranno utili per cercare di riportare un po’ di ottimismo”.